Un dizionario della frequenza d’uso collegato alla bocca dei nostri politici (che almeno vi sia collegato qualcosa!) fornirebbe – credo – risultati interessanti sull’incidenza della parola emergenza. Nei TG essa si accompagna ultimamente a musichette inquietanti e compare in sintagmi con le parole “ROM” e “rifiuti”.
Vale la pena andare ad investigare cosa ci dica il DELI riguardo alla storia della parola e la sua sfera semantica.
emergenza: s.f. ‘circostanza o eventualità imprevista, spec. pericolosa’ (1667, V. Siri: LN XIX (1958 ) 40)
- Vc. dotta, lat. emergere, opposto a mergere ‘affondare’ (d’orig. indoeuropea). La voce emergenza è attestata dal XVII sec.: “I vocabolari italiani ne danno esempi fin dal Settecento, con un passo del Salvini registrato anche dalla Crusca: “la congiuntura de’ tempi e delle emergenze“; e cercando bene si troverebbe sicuramente anche qualche esempio anteriore. Dopo, lo troviamo adoperato di tanto in tanto: “La Nazione” del 6 giugno 1889 asseriva che ‘in qualunque grave emergenza, in ogni evento decisivo del paese, Camillo Benso di Cavour vide acutamente…’. In tutti questi casi, tuttavia, il significato è sempre quello di ‘circostanza, per lo più seria, che interviene inaspettatamente’. Il passo ulteriore che la parola ha fatto, è quello di ‘urgente necessità, pericolo’. E non c’è dubbio che su questo significato ha influito l’analogo uso inglese [emergency]: si sa che gli inglesi usano molto la litote eufemistica e si capisce che invece di dire ‘allarme, pericolo’ abbiano adoperato, per velare un po’ le cose, una parola più blanda. Teoricamente, è un emergere anche quello del numero che fa vincere cento milioni alla lotteria; ma ormai ci siamo abituati a chiamare emergenze solo quelle gravi, piene di pericoli, e adesso che la parola si è messa su questa strada, è difficile fermarla, tanto più che la locuzione stato d’emergenza è stata ufficialmente adoperata” (Migliorini, Profili)
Aveva ragione da vendere, il buon Migliorini. Infatti la parola, su quella strada, non solo non si è fermata, e suona più grave di “pericolo” (forse anche per l’assonanza con “urgenza”) ma ha addirittura acquisito il magico potere di creare delle emergenze laddove non ci sono, di creare allarmismo. La sola evocazione della parola è in grado di creare l’emergenza stessa. Dove prima c’erano dei problemi, gravi che siano ma gestibili con un po’ di sano buon senso, ora c’è lo stato d’ emergenza.
Allo stesso tempo, però, pare che la parola sia tornata al suo significato etimologico primario, ovvero di “cosa che emerge“. Non proprio inaspettatamente come vuole la definizione, però.
Io ad esempio un po’ me l’aspettavo, e precisamente dalla scorsa legislatura, dall’omicidio Reggiani, da quando il buon Walter Sepoffà (e infatti poi “si fece”), dopo 7 anni da primo cittadino di Roma, si accorse improvvisamente della presenza di campi nomadi a Roma. O dovrei forse dire si accorse di quanto fosse comodo farli “emergere“? Doveva scrollarsi di dosso l’aura di “buonismo” (altra parola molto di moda) di quelle checche arcobaleno, sempre pronte a difendere il “diverso”. E così, un giorno di dicembre, gli zingari sono emersi, come tanti zombie con le mani protese verso il nostro sacrosanto benessere fatto di portoncini blindati, videotelefonini e suv. Prima stavano rintanati nelle catacombe, forse, poi sono emersi.
O che stessero magari sepolti dai cumuli di spazzatura napoletana di locazione, ma italiana ed europea di provenienza? Interra oggi, interra domani, la monnezza emerge, oh! E magari con essa pure questi rifiuti umani, questi reietti, gente senz’anima e senza Dio, che ruba i bambini biondi a quelli col portoncino blindato e col suv.
Per fortuna da quando il Mensch ha scoperto il fuoco, questo ha risolto tanti problemi pratici: un mucchietto di cenere, pure buono per concimare, ed ecco che l’emergenza sparisce. Si può risommergere. Gli amici di Adolfo l’avevano ben capito, ed infatti il fuoco bruciava giorno e notte nei loro campi di lavoro. Quel lavoro che “rende liberi”. E liberi uscivano infatti in ampie volute di fumo, dai comignoli dei forni.
In quei forni bruciavano anche gli zingari e gli omosessuali, non solo gli ebrei. Ma questo non emerge mai. Quel fuoco purificatore ha purificato e reso innocente ed intoccabile per l’eternità solo un popolo, quasi fosse una questione privata e non l’aberrazione per eccellenza, quella di considerare che “Dio è con noi”, e contro gli altri. Non abbiamo imparato nulla dell’uomo e degli orrori che può compiere verso i propri simili, scientemente, senza neanche quella giustificazione dell’istinto che hanno gli altri animali.
Emergenze ‘quelle gravi, piene di pericoli’, dice il Migliorini.
Certo, come anch’io so bene, non è piacevole constatare che dopo un incontro ravvicinato con lo zingarello ti manca il portafogli, e qualche volta col rodimento di culo che ti ritrovi tendi pure a dimenticare che quel ragazzino dovrebbe stare a scuola, e che non ti è venuto in mente di avvertire la polizia se non quando hai notato che veniva tolto a te il portafogli, mentre a lui veniva rubato il futuro.
Però parlando di sicurezza mi sento molto più insicura ora a girare per strada nel timore che le mie gonne stile gitano incorrano nel “sospetto” di quei retti vigilantes della vera italianità, fatta di uomini timorati di Dio che non stuprano le donne, non investono i bambini, non ruberebbero nemmeno una caramella.
Nel giro di pochi giorni, la mia città ha sperimentato un raid ad un negozio gestito da immigrati regolari, un’aggressione ad un giovane dee-jay gay reo di essere tale, infine una spedizione punitiva neo-fascista ai danni di un gruppo di ragazzi che all’Università stavano attacchinando sui manifesti del convegno di Forza Nuova sulle Foibe, che il rettore Frati ha avuto il buon senso di annullare. Senza contare l’episodio di Verona. Mi domando se ce ne sia abbastanza per proclamare lo “stato d’emergenza“, l”emergenza grave, piena di pericoli’. Ah, no, giusto! Questi sono solo dei delinquenti isolati, dei pazzi senza appigli e senza ideologia, dei ragazzacci viziati.
Certe emergenze davvero non emergono mai. Stanno lì come un boccone indigesto che ti dà nausea costante, tanto che vorresti ficcarti due dita in gola e farlo emergere davvero, una volta per tutte, e scaricarlo nel cesso per non vederlo mai più.
Avete mai fatto caso a quanto è liberatorio?
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Foto: disegni di bambini di Ponticelli.
p.s. Rileggendo un pezzo di Coccoina di cui avevo avuto un’anteprima per e-mail, mi accorgo che la stesura del mio ne è stata influenzata. Siccome Coccoina è Coccoina, con le sue immagini nitide e spietate che mettono a nudo la natura umana, così che potreste non piacervi più voi stessi, vi invito vivamente a leggerlo e a riflettere.